IL LINFEDEMA E I SUOI COSTI SOCIALI

 

A.Cavezzi

Servizio di Patologia Vascolare, Clinica Stella Maris, S.Benedetto del Tronto (AP)

 

Riassunto

Il linfedema (LIN) degli arti inferiori o superiori è una patologia complessa, di difficile trattamento, e con una forte tendenza alla cronicizzazione. Le ripercussioni sociali di questa patologia sono le più varie, e le condizioni legislative in cui il LIN può essere trattato in Italia rappresentano un ostacolo a volte insormontabile per i pazienti con tale affezione. Dal punto di vista epidemiologico il LIN appare avere un’incidenza in aumento, nonostante alcune (poche) misure preventive. Le recenti modifiche legislative apportate dal DPCM del 29 novembre 2001, in vigore dal 23 febbraio 2002, hanno ulteriormente ridotto le possibilità di trattamento del LIN (in regime di ricovero o ambulatoriale), così come la ricaduta sociale di tale malattia (assenze lavorative, costi legati a diagnosi e terapia delle sue complicanze, costi legati alle conseguenze psicologiche e di disabilità ecc) sembra essere sottostimata dal legislatore e da buona parte della classe sanitaria. Laddove non si arrivi ad un migliore approccio legislativo e non si migliori la consapevolezza all’interno della classe medica e degli operatori sanitari, è verosimile attendersi un deterioramento dei costi sociali legati al LIN, ma soprattutto una esasperazione da parte dei pazienti, configurandosi una vera e propria emergenza sanitaria.

Introduzione

Il linfedema (LIN) degli arti costituisce una patologia vascolare negletta, in primis dai pazienti stessi, ma in buona parte anche dai medici (specialisti e non) e dal personale paramedico; analogo scarso, o nullo, interesse è sempre stato dimostrato dalla classe dirigenziale sanitaria e dai legislatori sanitari verso questa problematica altresì fortemente invalidante sia sotto il profilo biologico che sotto quello psicologico.

Di fatto la presenza di un linfedema obbliga molto frequentemente il paziente a vagare fra diverse strutture lungo tutto il territorio nazionale, sottoponendosi a diverse tipologie di terapie molto spesso approssimative, o addirittura obsolete e incongrue. Il tutto si traduce in dispendio di energie e costi per il paziente, che vede nella stragrande maggioranza dei casi la sua patologia peggiorare di anno in anno.

Una simile situazione si ripercuote soprattutto in termini di perdita di ore lavorative e nella necessità di reiterati trattamenti spesso non coordinati; se a ciò aggiungiamo che la maggior parte delle terapie per il linfedema è a totale carico del paziente (farmaci, calze/bracciali elastici o bende elastiche, pressoterapia, drenaggio linfatico manuale (DLM) ecc.), se ne deduce che la patologia del LIN comporta oggettivi problemi per le classi sociali più disagiate, con ricadute immaginabili a corto-medio e lungo periodo.

Dati non precisi, ma molto prossimi alla realtà, stimano in 8000 il numero dei nuovi linfedemi post-mastectomia ogni anno in Italia, mentre 40000 dovrebbero essere tutti i nuovi linfedemi ogni anno (1); questi numeri molto preoccupanti hanno una scarsa tendenza a migliorare nonostante la minore invasività chirurgica. Quando ad esempio si utilizza la metodica del linfonodo sentinella nell’ambito del trattamento della neoplasia mammaria, la radio-chemioterapia e l’ablazione linfonodale estesa devono completare la chirurgia mini-invasiva sulla mammella stessa, proprio per garantire una certa radicalità. Inoltre ad incrementare l’incidenza di LIN in Italia c’è l’arrivo di popolazioni extra-comunitarie con un incremento del tasso di infezioni- infestazioni deleterie per il sistema linfatico.

Va ulteriormente rimarcato come i linfedemi iatrogeni restino piuttosto frequenti, ancor più con le procedure diagnostico-terapeutiche più lesive del capitale linfatico (safenectomie praticate per bypass aorto-coronarici, lesioni linfatiche in corso di bypass femoro-distali per intervento chirurgico vascolare di salvataggio d’arto, interventi chirurgici ortopedici ecc.). Questo quadro sulla eziopatogenesi del LIN ci può fornire un’idea di come questa malattia sia destinata ad incidere sul sistema sanitario nazionale (SSN) italiano nei prossimi anni. La stessa Organizzazione Mondiale della Sanità (2) è in possesso di dati piuttosto antiquati sull’incidenza del LIN nel mondo (circa 150 milioni di casi) per cui oggi studi epidemiologici più aggiornati (italiani in primis) stanno facendo nuova luce su questa realtà, latente e misconosciuta il più delle volte. Se aggiungiamo che accanto all’incidenza elevata del LIN un altro fattore peggiorativo della situazione italiana è costituito dalla latenza fra la comparsa della malattia e la sua diagnosi e terapia (è stato calcolato che il 65% dei pazienti inizia la terapia tra i 5 ed i 10 anni dopo la sua insorgenza), allora la criticità della condizione del paziente italiano linfedematoso diviene evidente.

La situazione italiana

In termini di SSN italiano, il LIN è inquadrato come malattia della pelle e non come patologia vascolare (prima problematica insoluta…); ciò rende ragione da un lato della scarsa comprensione del significato di questa patologia, ma soprattutto dello scarsissimo riconoscimento economico per questa malattia. La valutazione economica del DRG correlato al LIN degli arti inferiori è pari a circa 1300-1500 euro, mentre la cifra si riduce a 1100-1300 euro per il LIN post-mastectomia. E’ di estrema importanza però ricordare che recentemente il SSN ha subito una serie di cambiamenti che hanno investito anche il mondo del LIN. Il DPCM del 29 novembre 2001 che recepisce l’accordo stato-regioni dell’8 Agosto 2001 e che è stato pubblicato nella G.U. dell’8 febbraio 2002 (n°33, supplemento ordinario n°26) (3) ha infatti definitivamente posto il LIN (DRG 284 per il LIN degli arti inferiori e DRG 276 per il LIN dell’arto superiore post-mastectomia) fra le 43 patologie ad elevato rischio di inadeguatezza in caso di ricovero ordinario. In termini pratici questo si  traduce in una impossibilità legale di ricoverare la stragrande maggioranza dei pazienti affetti da linfedema. Sarà verosimilmente compito delle regioni canonizzare le regole di ammissione alla ospedalizzazione, ma il tutto non potrà che ridurre le già minime possibilità terapeutiche.  Di fatto la struttura sanitaria (Clinica o Ospedale) erogante un regime terapeutico adeguato per il LIN in regime di ricovero (e per regime terapeutico adeguato dobbiamo intendere terapia fisico-riabilitativa integrata e globale, con farmaci all’uopo) (4), dovrebbe fronteggiare tutta una serie di spese non indifferenti; se ne evince come dal punto di vista economico sussistano pochissime possibilità di fronteggiare il costo di un simile ricovero sulla base della remunerazione prevista per il singolo DRG correlato al LIN (laddove venisse accettato). Tutto ciò rende ragione della sostanziale impossibilità per ospedali e strutture convenzionate di prendersi carico di simili pazienti…deleteri per la economia ed ergonomia della struttura, ma soprattutto “legalmente” non più ammissibili al ricovero stesso (salvo casi particolarmente avanzati e/o con complicanze quali dermatolinfangioadenite, cioè erisipela e/o linfangite).

In questa condizione resta regolarmente a carico del SSN la sola terapia del LIN in regime ambulatoriale o di DH. Ma anche il trattamento ambulatoriale ha subito la “scure” legislativa, con la decurtazione della pressoterapia ad aria dalle terapie fisiche erogabili in regime di convenzione con il SSN. Così accanto all’abolizione pressoché totale del ricovero, si è decisa l’abolizione di una delle poche terapie erogabili per il LIN in regime convenzionato.

Inevitabilmente la terapia ambulatoriale all’interno del SSN assume a questo punto quasi sempre connotati di approssimazione (spesso è previsto il solo DLM, per poche sedute consecutive, dopo mesi di attesa, mentre altre forme di terapie sono quasi completamente non fruibili); va inoltre sottolineato come il regime terapeutico ambulatoriale (o di D.H) non sia ovviamente ben fruibile da parte di pazienti non residenti in zona (salvo costi elevati correlati al vitto ed all’alloggio degli stessi pazienti in strutture alberghiere ecc.). Giova ricordare come la tecnica del bendaggio (comunque articolata e complessa in caso di LIN) sia inoltre parte integrante di un adeguato trattamento ambulatoriale per la linfostasi (5)(6), ma la conoscenza e la pratica del bendaggio elastocompressivo resta ancora “perfettibile” in buona parte dei centri deputati a tale terapia multiarticolata per il LIN.

Sotto il profilo economico la terapia ambulatoriale rappresenta anch’essa un problema di difficile soluzione per la struttura ospedaliera o convenzionata sotto il profilo economico: la remunerazione di questo approccio ambulatoriale è molto bassa e l’impegno del personale sanitario (ad esempio i 45 minuti circa per il DLM) non rappresentano un utilizzo ideale delle forze lavorative; infatti la stessa terapista che dovrebbe eseguire il DLM potrebbe seguire molti più pazienti fruendo di strumenti fisici…, con una ricaduta economica decisamente migliore per il servizio di riabilitazione o l’unità convenzionata in questione.

Tutto ciò ha comportato uno scoramento progressivo di pazienti e del personale sanitario, con aggravamento in termini di costi per la società tutta. Una forma di “tamponamento” per questa situazione critica è costituita dalla fruizione di trattamenti presso strutture estere (soprattutto in Austria e Germania), già da anni configurate e gestite con indubbia capacità per il trattamento del lipedema e del linfedema. Queste cliniche estere convenzionate con il SSN Italiano, per certi pazienti e previa autorizzazione specifica, richiedono soggiorni da parte del paziente per un tempo di 3-4 settimane in media, spesso due volte all’anno. Quanto esposto si traduce in una spesa, sostanzialmente a carico del SSN nella stragrande maggioranza dei casi, che supera abbondantemente di tre-quattro volte la cifra prevista per i DRG del  LIN nel SSN italiano.

Nei casi, pur piuttosto rari, in cui può essere indicato un intervento chirurgico (7), la gestione economica del paziente linfedematoso con il SSN si fa ancora più complessa e costosa: pochi sono i centri che eseguono interventi di così alta specializzazione e così dispendiosi (sotto il profilo economico e delle risorse umane); le liste di attesa si amplificano e molti pazienti devono optare per l’intervento chirurgico in regime privato, con costi completamente a proprio carico nella quasi totalità dei casi.

Va inoltre ricordato che a fronte del LIN sussistono poi una serie di temibili complicanze che, in maniera reiterata nel tempo, vengono a presentarsi in questi pazienti: dermatolinfangioadeniti ed altre infezioni sono piuttosto comuni e deteriorano il quadro linfedematoso, nonché la qualità di vita del paziente, innalzando ancora una volta tutta una serie di costi e amplificando le assenze lavorative. Accanto a ciò aggiungiamo complicanze molto più gravi (infezioni sistemiche, degenerazioni tumorali) ulteriormente complicanti il decorso del LIN sino al possibile decesso quale complicanza estrema (pur del tutto eccezionale). Altre complicanze non propriamente vascolari sono costituite dai problemi osteo-artro-neuro-muscolari indotti dal LIN o concomitanti ad esso e queste complicanze necessitano quasi sempre di trattamenti ripetuti nel tempo; una ulteriore complicanza del LIN è costituita dalla sindrome depressiva che si instaura in molte delle pazienti mastectomizzate o nei portatori di linfedemi più gravi: ciò richiede spesso consulenze e terapie di ordine psichiatrico-psicologico. In sostanza il LIN si caratterizza per una disabilità ed una invalidità progressiva che investe, oltre ovviamente il profilo biologico, anche la sfera sociale, psicologica e la qualità della vita del paziente, con alterazioni di moltissimi aspetti della vita quotidiana, deteriorata da un vero e proprio handicap di natura psico-organica.

A fronte di questa situazione complessa, potrebbe essere utile anche instaurare una consapevolezza nuova nella classe medica e negli operatori sanitari verso la prevenzione del LIN: se tale patologia è foriera di così tanti risvolti negativi, gli sforzi per prevenirne o limitarne l’insorgenza appaiono ad oggi molto limitati e i costi sociali che ne derivano risultano pesanti. Tutte le branche della medicina (dall’oncologia all’ortopedia passando per la chirurgia cardiaca e vascolare) dovrebbero prestare una attenzione maggiore verso la necessità di limitare i danni sul capitale linfatico nel dover eseguire una terapia che inevitabilmente produce dei danni su vasi linfatici e linfonodi.

Conclusioni

Il LIN viene a determinare in definitiva una cascata di problematiche concatenate, amplificanti i costi vivi e quelli sociali, ma soprattutto creando un ciclo vizioso temibilissimo, sino all’abbandono da parte del paziente di qualsivoglia interesse verso il trattamento della sua patologia.

Da questa breve disamina si evince la necessità di rivedere in Italia molti aspetti dell’approccio diagnostico-terapeutico al LIN, al fine di ridurre le “migrazioni” intra- ed extra-nazionali costanti di questi pazienti, alla ricerca di una speranza o semplicemente di uno specialista, o di un centro in grado di prendersi carico della loro patologia. Questo processo passa necessariamente per una rinnovata formazione ed un significativo aggiornamento del personale sanitario in primis, ma soprattutto si rende obbligatorio un adeguamento della gestione economica ed ergonomica della terapia del LIN. Dovrebbe imporsi probabilmente anche una maggiore attenzione della classe politica e quindi del SSN verso questi pazienti altresì dimenticati, vuoi per antichi e nuovi deficit legislativi, vuoi per necessità economiche, e per scarso interesse verso questa “emergenza sanitaria” in Italia.

 

Bibliografia

  1. 1) Michelini S. epidemiologia del linfedema in Italia e nel mondo. Flebologia oggi, 1998;23:67-71
  2. 2) World Health Organization. Fourth Report of the WHO expert committee on lymphatic filariasis. Geneva, WHO, 1994
  3. 3) DPCM del 22 novembre 2001 G:U. n.33, suppl. ord, 26 dell’8 febbraio 2002
  4. 4) Cavezzi A Michelini S. il flebolinfedema: dalla diagnosi alla terapia. Bologna, PR Communications Ed. 1998
  5. 5) Foldi E., Foldi M, Clodius The lymphoedema chaos: a lancet Ann Plast Surg 22; 1989:505-15
  6. 6) Casley-Smith JR , Casley-Smith J Modern Treatment for Lymphoedema, Adelaide: L.A.A. Ed., 1997
  7. 7) ISL, Executive Committee. The diagnosis and treatment of peripheral lymphoedema. Consensus document, Lymphology 1995; 28: 113-7

8 COMMENTS

  1. SALVE ,IO HO ESEGUITO UNA LINFOADECTOMIA INGUINO-ILIACA-OTTURATORIA (28 LINFONODI) SX SEI ANNI FA PER MELANOMA.
    FINO AD ORA ME LA SONO CAVATA BENINO SEMPRE CON CALZE ELASTICHE,MA LA SCORSA ESTATE DOPO LA PUNTURA DI UNA MALEDETTA MEDUSA HO UN PUNTO SULLA CAVIGLIA CHE SI GONFIA SE NON METTO LE CALZE,ANCHE DOPO AVER FATTO NUOTO…..OLTRE AD INFORMAZIONI SU QUESTO TIPO DI INTERVENTO(MAGARI ESISTESSE UNA SOLUZIONE DEFINITIVA CON LINFONODI BIONICI..),IO AVREI BISOGNO DI INFORMAZIONI SU UN CENTRO O UNA PERSONA DA AVERE COME PUNTO DI RIFERIMENTO CHE REALMENTE MI CONSIGLI SULL’USO DELLE CALZE ELASTICHE E SU EVENTUALI TRATTAMENTI CHE POSSANO MIGLIORARE LA MIA VITA,STO VAGANDO UN PO’ ALLA CECA,MA NON E’ FACILE TROVARE QUALCUNO CHE SAPPIA DAVVERO QUELLO CHE DICE E CHE NON PENSI SOLO A GUADAGNARCI SOPRA……………………………..
    .ABITO A CENTO(FE)E L’UNICO CENTRO CHE CONOSCO E’ IL SAN GIORGIO A FERRARA PIU’ QUALCHE CENTRO PRIVATO,LA RINGRAZIO

  2. salve sono edilia sembra una cosa interessante quanto messo in atto da questa dott.ssa becker vorrei saperne di piu anch’ io.

  3. Ho girato il quesito da Lei posto al prof.Sandro Michelini con il quale tra l’altro in uno dei recenti nostri colloqui mi pare proprio che abbiamo brevemente interloquito su questo protocollo di intervento…Non appena in possesso dela risposta sarà nostra viva cura e premura informarla al riguardo stesso tramite…
    Cordialità

  4. In riferimento al mio commento del 1 gennaio 2012, volevo aggiungere che questa dottoressa fa un trapianto autologo (alcuni linfonodi propri) e secondo l’articolo ha buoni risultati, una buona percentuale di edema scomparso, o ridotto significatamente, vorrei sapere se esiste qualcuno in Italia che ne sa qualcosa, sono molto interessata, sarei pronta a farmi questo intervento, se qualcuno sa qualcosa si faccia avanti, purtroppo in Italia trattano l’edema linfatico come cosa di poco conto, invece è un grosso problema, invalidante, e trovare delle strutture o persone che praticano il linfodrenaggio manuale, oltre essere molto costoso, è molto difficile e spesso ho trovato delle persone non qualificate che improvvisano. Grazie a quanti mi risponderanno, Lucia

  5. Buongiorno:
    Dr. Corinne Becker, specialista in microchirurgia, presso il Georges Pompidou Hospital, abbiamo commentato i benefici ottenuti nel trattamento del linfedema con una nuova non-traumatico approccio chirurgico (risultati presentati all’ultimo congresso europeo di Linfologia)
    queste cinque righe sono l’inizio di un articolo che ho trovato su internet, purtroppo il mio interesse è perchè ho il problema dell’edema dovuto alla resezione dei linfonodi inguinali ad un arto inferiore, vorrei conoscere qualche commento in proposito, saluti Lucia

  6. Mi associo pienamente a quanto dichiarato dal Dr. A. Cavezzi.

    Nel mio caso personale – dove la soggettività del linfedema ( arto inf. SX) è causa post trapianto renale – il fenomeno non ha preoccupato minimamente i nefrologici che mi hanno in cura.

    Infatti, al di là dei consueto esami di rito, il consiglio “terapeutico” è stato di intensificare il piano farmacologico esistente ( immunosoppressori e farmaci conseguenti ) arricchendolo con il LASIK mattino e sera.

    Persistendo, peraltro, il fenomeno, mi è stata consigliato l’acquisto ( a mie spese ovviamente ) è stata”calza elastica” 70 denari. Punto.

    Testimonianza personale ( agosto 2010. Osped. Maggiore di Chieri -To)

  7. Mi preme ribadire l’importanza della prevenzione del LIN. A me è stato diagnosticato e finalmente curato dopo 20 anni dall’insorgenza. La mia qualità di vita è notevolmente migliorata ma sono costretta a continue terapie, all’uso di gambali elastici ecc. Il mio è un LIN che di generazione in generazione affligge le donne della mia famiglia: Ho visto le mie prozie, la nonna paterna relegate su una sedia impossibilitate a camminare per via dell’elefantiasi; la zia paterna dopo una serie di cure inopportune ed approssimative è andata via via peggiorando ed è morta per complicanze dovute a questa patologia. Ora a mia figlia attraverso una linfoscintigrafia è stata diagnosticata la stessa patologia ad uno stadio ancora iniziale. Ora per lei così giovane con una seria prevenzione si potrebbe contenere la degenerazione del LIN assicurandole una migliore qualità di vita e magari ottenendo un risparmio per il SSN per le evitate complicanze.

LEAVE A REPLY