In questo intervento avrei dovuto curare con occhio di paziente, alcuni aspetti che coinvolgono i malati di linfedema. In effetti, il titolo della relazione inizialmente era stato previsto per un intervento specifico del Sig. Forestiere in qualità di malato nonchè di presidente dell’associazione SOS linfedema e tale è rimasto, anche a seguito dell’impossibilità dello stesso a presenziare quest’assise per motivi personali. Mi corre l’obbligo, pertanto, di  porgervi i suoi più cordiali  saluti  con un ringraziamento particolare agli organizzatori, per aver dato  spazio alla voce dei pazienti  la cui patologia è motivo oggi della vostra presenza a Reggio Calabria.

Dovendomi  fare carico di questo compito ho  a lungo pensato all’impostazione da dare a questo mio intervento:

Da medico – ma non specialista del settore,credo sia più opportuno qui lasciare la parola agli autorevoli professionisti  che ci illustreranno quanto di più aggiornato c’è al momento.

Da malato- ma non sono e dunque incapace di trasferire sensazioni intime che la sofferenza ( soprattutto questo tipo di sofferenza) genera.

Ed allora mi pongo a voi come persona che vive questo tormento da vicino, sensibile ai problemi di questi fratelli ed impegnato in seno all’associazione SOS LINFEDEMA come referente regionale per la Regione  Calabria.

L’associazione nasce nel 2007  su iniziativa dell’attuale Presidente Franco Forestiere, che è riuscito a raggruppare un numero sempre crescente di malati e di persone altamente sensibili  al problema di questa patologia cronica, ingravescente ed altamente invalidante,  ancora oggi priva di un legittimo riconoscimento  nonostante l’incidenza sia in costante aumento tra la popolazione .

Da anni stiamo lottando per il riconoscimento del linfedema come malattia rara anche se in realtà, a mio parere:

Vista l’incidenza;

Vista la cronicità e l’ingravesvenza;

Vista la necessità di un intervento multidisciplinare;

Vista l’incidenza a ricoveri ospedalieri per fatti acuti ricorrenti sempre più frequenti;

Visti gli alti costi ( diretti ed indiretti) legati a ricoveri, assenza dal posto di lavoro, terapie varie e associate, trattamenti necessari per curare il crescente disagio psicologico a cui questi pazienti loro malgrado sono soggetti e i cui costi non sempre sono facilmente identificabili;

sarebbe più opportuno far rientrare tale patologia tra le malattie sociali infatti per questa come per altre patologie devono essere avviati degli interventi di natura preventiva primaria e secondaria  in modo tale da ridurre le gravi complicazioni alle quali inesorabilmente si arriva.

La battaglia che la nostra ONLUS in questi anni ha intrapreso è dare dignità ai pazienti, privati del diritto di essere curati adeguatamente,inoltre, rendere visibile la gravità della patologia, togliere i veli di un’apparente problema estetico ed evidenziare il disagio di dover sopportare costi improponibili, oggi più che mai.

Grazie alla professionalità di alcuni soci  si è riusciti a creare un portale  e la presenza  attiva nei diversi  social network ha contribuito a diffondere la conoscenza della patologia;Infatti:

Ha creato condivisioni e solidarietà;

Ha dato informazioni tecniche e scientifiche;

Ha suggerito vari centri più o meno organizzati, presenti sul territorio nazionale, fornendo anche notizie  di carattere logistico su alberghi  o strutture di alloggio.

Ha dato spazio con un forum a scambi d’informazione tra pazienti  e pazienti e tra pazienti e specialisti che si sono messi in gioco.

Insomma una rete di servizi, un grande contenitore nel quale si  può trovare tutto ciò che è di pertinenza specifica della patologia,ma non la soluzione, purtroppo, ai problemi burocratici che impediscono l’accesso agevolato al SSN. Ci troviamo, pertanto, impotenti spettatori  di una  migrazione  “di lusso” ma con la valigia di cartone ( come negli anni 60) con un biglietto  E 112  verso paesi come Germania e Austria il tutto a spese delle singole Regioni.

A questo punto verrebbe da fare una semplice  valutazione puramente economica  prendendo atto che basterebbero  già poche autorizzazioni all’anno per garantire  sul posto assistenza adeguata  a diversi.

Se  consideriamo, poi, la mobilità passiva all’interno dei confini nazionali ci troviamo nel caos più assoluto sia per l’esiguità di centri degni di questo nome  sia per le possibilità di accedere agli stessi. Esistono,inoltre,innumerevoli centri ( spesso privati)   che erogano solo parte dei trattamenti necessari ( il ricorso alle monoterapie o ai pacchetti promozionali è ampliamente diffuso) con il rischio di aggiungere al danno  di un trattamento non adeguato la beffa di doverlo pagare di tasca propria, o ancora  può succedere che la scelta del centro sia fortemente condizionata da possibili appoggi presso parenti o amici indipendentemente dalla qualità del centro stesso. E’ notorio  che a causa  della crisi che imperversa,  talvolta i cittadini sono costretti a tagliare dal proprio bilancio familiare le spese sanitarie di sole medicine, immaginate per trattamenti più complessi  che prevedono ulteriori costi aggiuntivi.

L’associazione segue da vicino l’attività che valenti associati, malati, ricercatori, medici e professionisti in genere hanno  avviato da tempo, e tutte le iniziative tendenti a

far emergere i disagi che quotidianamente sono costretti a subire i nostri  pazienti, i quali si vedono privati di un diritto costituzionale. Ulteriori sforzi vengono profusi per assicurare  una continuità assistenziale  dignitosa e consona alle esigenze  dei pazienti e che preveda anche la fornitura degli ausili personalizzati, indispensabili per il mantenimento dei risultati ottenuti.  L’opera di sensibilizzazione  è stata continua in questi anni, i vari ministri della salute che si sono succeduti  dal 2006 ad oggi  hanno dimostrato ampio interesse   promettendo spesso una rivisitazione dei LEA e l’emanazione di opportune linee guida tali da garantire uniformità di trattamento su scala nazionale.

Il Prof. Michelini ne è testimone, avendo partecipato in prima persona a più di un tavolo tecnico  istituito all’uopo e se non erro anche alla stesura di una delle prime linee guida  sul trattamento del paziente affetto da linfedema.

Purtroppo tali intenti,generalmente, pre elettorali e di convenienza, ci hanno portato ancora oggi ad essere orfani di normative che tutelano i nostri malati. 

La soluzione tampone arriva  dagli associati che nel loro piccolo, spesso affidandosi a conoscenze personali,hanno avviato,di recente, un’attività di sensibilizzazione dei politici locali  ottenendo delle “concessioni”, (se   pur limitate  ad  alcune   prestazioni) da parte di alcune regioni e a volte di singole aziende sanitarie. Perlopiù si tratta di garantire monoterapie  o addirittura solo indumenti elastici  ( e non è poco), ovviamente

briciole, ma che rappresentano una fiammella da mantenere accesa che partendo da regioni come Lombardia, Piemonte, Lazio, Toscana, Sicilia, Puglia e Basilicata per ultima, confidiamo, si possa estendere a tutto il territorio nazionale.

Questa è pur sempre una situazione di ripiego che accontenta solo in parte un limitato numero di pazienti e che non può certo essere risolutiva delle difficoltà che quotidianamente si affrontano.

 

L’associazione, nelle figure più rappresentative Forestiere, Michelini, Corda,

Mimmo, Paolo, Giovanna ecc. ecc., da sempre ha cercato di mettere in evidenza alcuni punti essenziali e fondamentali per ottimizzare l’accesso alle prestazioni, sollecitando l’importanza di avere delle linee guida comuni, che aldilà di essere state o no emanate dal ministero possano essere fatte proprie dai vari specialisti del settore in modo tate da garantire ad ogni paziente un percorso diagnostico terapeutico di tipo qualitativo, scevro da personalismi, frutto di un fai da te che spesso oltre a risultare particolarmente oneroso è anche dannoso.

Per quanto riguarda questi aspetti ci sono già degli interventi in scaletta  da seguire con particolare attenzione. Consentitemi soltanto di evidenziare  ( con il permesso dei colleghi presenti che hanno partecipato  ai lavori ) un breve decalogo  di alcune azioni  necessarie  ad una buona gestione  del paziente e della patologia, frutto di un gruppo di lavoro organizzato in collaborazione con la Direzione Generale Sanità Lombardia, nel mese di Febbraio u.s., presenti tra gli altri i colleghi Michelini e Corda, dal quale si evince chiaramente l’importanza di avere precisi indirizzi da seguire e diffondere:
1) L’importanza dell’esecuzione dell’esame linfoscintigrafico nelle forme primarie prima dell’approccio terapeutico ed in vista della prescrizione dell’opportuno indumento elastico definitivo.
2) La proscrizione delle ‘monoterapie’ (solo linfodrenaggio, solo pressoterapia, solo bendaggio) che fanno comodo alla Struttura per far finta di assistere il malato.
3) La necessità che il TEAM che si prende carico del paziente con linfedema primario o secondario sia preparato e, soprattutto, multidisciplinare (linfologo, fisioterapista, psicologo, tecnico ortopedico, infermiere, altri specialisti).
4) La necessità di un monitoraggio clinico e strumentale cronici, come cronica è la malattia.
5) L’importanza, nelle forme primarie, della prevenzione primaria verso i consanguinei.
6) La necessità che vengano forniti dalle AA.SS.LL. di appartenenza almeno due indumenti elastici l’anno al paziente.
7) L’importanza dell’istituzione di un Registro regionale dei pazienti (come giustamente ancora una volta evocato dal Piano Nazionale in via di Pubblicazione).
8) L’importanza di creare ‘cultura’ intorno al problema e di coinvolgere nelle varie iniziative (anche normative e procedurali) le associazioni di pazienti.
9) L’importanza di creare una rete regionale che venga incontro ai bisogni territoriali della gente risparmiando (fatte salve le competenze specifiche) inutili e disagevoli spostamenti dei singoli pazienti.
10) L’abolizione dei ricoveri all’estero (diffusi anche in Lombardia) a vantaggio delle Strutture territoriali, che siano giustamente accreditate in funzione del rispetto delle linee guida che non possono assolutamente essere di ‘Struttura’ ma universalmente riconosciute come tali dalla comunità scientifica nazionale ed internazionale (come dire che non esistono linee guida locali o, peggio ancora di Struttura o di unità operativa se non conformi a quelle scientificamente riconosciute alla luce dell’Evidence Based Medicine).
11) Gli interventi chirurgici (anastomosi linfatico-venose in microchirurgia, supermicrochirurgia, trapianti linfonodali autologhi) costituiscono non l’unica arma terapeutica risolutrice ma un mezzo terapeutico (con le giuste indicazioni e controindicazioni) che consenta al trattamento fisico di conseguire i massimi effetti terapeutici complessivi (sinergia e non antagonismo o tantomeno ‘supremazia’ sul trattamento fisico).

E’ ovvio che l’associazione non rimarrà inerte  e continuerà ad attivarsi  con tutti gli strumenti che ha a disposizione affinché quanto preposto  venga a compimento e se posti con le spalle al muro  finanche al ricorso a strumenti legali da avviare presso le apposite sedi regionali, nazionali  ed eventualmente anche oltre, preposte all’uopo.

Concludo con un personale ringraziamento a quanti, associati e non, collaborano con l’associazione  e un riconoscimento particolare per il presidente e per tutti i referenti regionali che  si stanno facendo carico di sostenere un impegno particolarmente rilevante.

 

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