Dalla penna del prof. Michelini, nostro Presidente scientifico.

Non era mai accaduto in sedici anni della vita societaria del Collegio Italiano di Flebologia che nel corso del suo Congresso annuale si parlasse e ci si confrontasse tanto sulla Linfologia.

Già nella prima giornata all’argomento è stato dedicato tutto il workshop del mattino e tutto quello del pomeriggio; quest’ultimo addirittura in Aula Magna. Le sessioni sono state molto frequentate e partecipate, senza soluzione di continuità.

Al mattino si sono alternati il gruppo di  Napoli, con la dottoressa Piantadosi, che ha evidenziato come formulare il progetto riabilitativo sia nelle forme primarie che secondarie     (e non ha omesso, a questo proposito, di sottolineare le difficoltà incontrate nel far accettare i protocolli stessi da parte degli organi competenti ASL.) Bartoletti (Roma) ha poi evidenziato come sia importante instaurare protocolli specifici nel paziente oncologico in cui il monitoraggio della patologia di base deve accompagnare ogni momento della presa in carico riabilitativa. Mander (Roma, ex art. 26) ha quindi messo in risalto l’importanza (ricordata anche da altri) del trattamento da eseguire, sia delle forme primarie che secondarie, in TEAM affiatato e collaudato, ai fini del conseguimento dei migliori risultati. Boccardo (Genova) ha quindi messo in risalto le opportunità che oggi offre la chirurgia conservativa, sottolineandone gli effetti maggiori allorquando questa viene eseguita negli stadi clinici più iniziali, e sempre in combinata con i trattamenti fisici. Ricci (Ancona) ha quindi evidenziato come da un corretto protocollo terapeutico personalizzato possano derivare i migliori benefici per il paziente, soprattutto per quanto attiene alle forme più avanzate e suscettibili di complicanze linfangitiche ricorrenti. Corda (Pavia) ha mostrato come gestire i casi clinici più compromessi, ricordando che un trattamento fisico decongestivo, ben eseguito, può determinare, in alcuni casi, il salvataggio dell’arto che già era stato designato come assolutamente da amputare, dal punto di vista chirurgico. In nome del Presidente Forestiere ha quindi preso la parola la fisioterapista Cangiano (rappresentante dell’associazione in Campania) che ha puntualizzato le ripercussioni psicologiche, relazionali e sociali che presentano i pazienti affetti da queste patologie croniche; l’Associazione si sta adoperando, a tutti i livelli e presso tutte le sedi istituzionali, affinché, nonostante i tempi, i pazienti con linfedema vedano riconosciuti i loro diritti all’assistenza, sotto tutti i punti di vista. Marina Cestari (Terni) ha quindi enfatizzato l’importanza del monitoraggio clinico e strumentale per una patologia cronica che, se lasciata a se stessa, ha una naturale tendenza alla riacutizzazione clinica ed a complicanze e recidive. Failla (Roma) ha quindi sottolineato l’importanza delle terapie complementari (occupazionale, ultrasuoni, onde d’urto) nella gestione del problema. Mattassi ha poi ricordato come le patologie malformative linfatiche siano spesso associate a malformazioni venose coesistenti che rendono più complessa la gestione del singolo caso clinico. Cardone (Roma) ha successivamente posto l’accento sul Lipedema, patologia spesso confusa con il Linfedema, che se non opportunamente riconosciuta e trattata determina insuccessi terapeutici e frustrazione da parte delle pazienti che ne sono (spesso familiarmente) affette.

In un’altra sessione è stata quindi la volta dell’americano BB Lee che con la sua disamina delle malformazioni linfatiche tronculari ed extratronculari ha posto l’attenzione sul corretto approccio integrato fisico e chirurgico, ricordando che nelle linfangiodisplasie si sta studiando l’utilizzo di sostanze inibitrici dei fattori di crescita linfatici al fine di bloccare alcune tendenze costituzionali alla displasia. Gasbarro (Presidente del CIF, di Ferrara) ha quindi ricordato alcuni aspetti clinici differenziali della malattia che aiutano a gestirla nei vari stadi clinici ed in funzione della disabilità psicofisica indotta nei singoli casi. E’ seguita quindi la relazione di Onorato (Udine) sul Lipedema e sulla diagnosi differenziale dello stesso con le altre forme di edema. Una diagnosi differenziale ben condotta porta alla migliore gestione terapeutica. La collaboratrice della Professoressa Foldi, Kathrin Jung (Germania) ha quindi esposto i protocolli terapeutici eseguiti nei centri tedeschi di riabilitazione. Si è anche meravigliata (con molta onestà) di come molti casi, anche discreti dal punto di vista clinico, continuino ad essere inviati dall’Italia in Germania, senza un razionale comprensibile. Brorson (Svezia) ha quindi posto l’accento sull’opportunità dell’utilizzo della Liposuzione negli edemi ‘duri’ che non rispondono ulteriormente ai trattamenti fisici convenzionali. Il collega Bertelli ha quindi fornito delle indicazioni sulla opportunità di indirizzare, in casi selezionati, i pazienti al test genetico. Lo scrivente ha quindi fatto un ‘punto della situazione’ sullo stato dell’arte circa l’assistenza sanitaria del paziente con linfedema in Italia. Si è sottolineato come a fronte di uno scarsissimo interesse specifico sul problema nei decenni passati si sia passati al ‘troppo interesse’ attuale che porta anche a molta confusione sia dal punto di vista diagnostico che, conseguentemente, terapeutico. L’anomalia dei riconoscimenti assistenziali ‘a macchia di leopardo’ cui oggi si assiste sul territorio nazionale è auspicabile che si modifichi in tempi brevi esitando in un riconoscimento univoco da parte delle singole AA.SS.LL. distribuite sull’intero territorio nazionale. Nella terza giornata di Congresso ampio spazio è stato dedicato all’Attività Fisica Adattata in ambito Flebolinfologico. Ad una relazione del Prof. Ripani (Presidente IUSM) di interesse posturologico, ha fatto seguito un’ampia disamina del sottoscritto sulle problematiche riabilitative in ambito flebolinfologico (intrinseche ed estrinseche) e sulle possibilità di prevenzione primaria e secondaria e sulla conseguente terapia. Sono quindi seguiti gli interventi della dottoressa Cestari (Terni), che ha sottolineato l’importanza dell’approccio olistico al paziente con flebolinfedema, di Mander (Roma) che ha introdotto il concetto di Attività Fisica Adattata e della terapista Proietti che ha ricordato le difficoltà della gestione del paziente oncologico, supportata dalla fisioterapista Mariani (sempre di Roma) che ha sottolineato l’importanza della valutazione preliminare del paziente nei vari aspetti che coinvolgono l’intervento diagnostico-terapeutico. Molisso (Napoli) ha quindi esposto la sua teoria della suddivisione corporea in ‘comparti’ (per quanto riguarda gli arti il sopra e sottofasciale, per la cavità addominale lo spazio compreso tra il diaframma pelvico ed il diaframmatico, e quindi la cavità toracica); la riabilitazione venosa, tenendo conto di questi aspetti anatomofisiologici, deve intervenire per ristabilire l’equilibrio nei singoli comparti. Mosti (Lucca) ha quindi stigmatizzato la necessità dell’uso dell’indumento elastico con compressione decrescente nella gestione cronica degli edemi flebolinfatici e Coletti (Parigi) ha illustrato Coinstar money transfer i risultati di alcuni suoi studi sugli effetti biochimici dell’esercizio fisico sulla capacità contrattile muscolare. Caggiati (Roma) ha quindi descritto le potenzialità e le opportunità offerte dai laureati in scienze motorie circa il contributo dell’attività fisica adattata nella gestione delle patologie flebolinfatiche. Santambrogio (Roma) ha poi introdotto i concetti di attività fisica in acqua ed i suoi benefici psicofisici nel paziente con flebolinfedema. Canali, laureato in scienze motorie di Roma, ha illustrato i benefici indotti dall’AFA in pazienti con flebolinfedema primario e secondario, sia in termini di riduzione del dolore, che di sopportazione allo sforzo che di miglioramento delle escursioni articolari. E’ poi stata la volta di Moretti (Roma) dell’associazione Nordik Walking Italiana che ha mostrato le esperienze positive dei gruppi di studio e di lavoro dedicati alle patologie flebolinfatiche. La conclusione è stata che dalla sinergia delle varie forze implicate nella gestione dei pazienti con Linfedema e flebedema primario e/o secondario derivano i migliori risultati clinici. All’auspicio di Caggiati che l’interazione ideale tra medici, fisioterapisti, infermieri e laureati in scienze motorie possa realizzarsi in maniera concreta nell’ottica della migliore assistenza clinica ha risposto lo scrivente che, nonostante le tante difficoltà burocratiche e normative, nella propria realtà ospedaliera è già riuscito, da più di un anno, ad inserire sinergicamente la figura del laureato in scienze motorie, a pieno titolo, nel contesto del TEAM riabilitativo con soddisfazione di tutte le parti in causa, pazienti in primis.

Quella del Congresso di Napoli ha costituito, con gli spazi dedicati dall’organizzazione, un’altra importante tappa del riconoscimento dei nostri sforzi a favore dei vari pazienti che seguono attivamente gli sviluppi delle dinamiche assistenziali nei loro confronti, ancora in fase di razionalizzazione.

 

 

 

 

 

 

Report aspetti linfologici trattati nel 16° Congresso del Collegio Italiano di Flebologia.

 

Non era mai accaduto in sedici anni della vita societaria del Collegio Italiano di Flebologia che nel corso del suo Congresso annuale si parlasse e ci si confrontasse tanto sulla Linfologia.

Già nella prima giornata all’argomento è stato dedicato tutto il workshop del mattino e tutto quello del pomeriggio; quest’ultimo addirittura in Aula Magna. Le sessioni sono state molto frequentate e partecipate, senza soluzione di continuità.

Al mattino si sono alternati il gruppo di  Napoli, con la dottoressa Piantadosi, che ha evidenziato come formulare il progetto riabilitativo sia nelle forme primarie che secondarie     (e non ha omesso, a questo proposito, di sottolineare le difficoltà incontrate nel far accettare i protocolli stessi da parte degli organi competenti ASL.) Bartoletti (Roma) ha poi evidenziato come sia importante instaurare protocolli specifici nel paziente oncologico in cui il monitoraggio della patologia di base deve accompagnare ogni momento della presa in carico riabilitativa. Mander (Roma, ex art. 26) ha quindi messo in risalto l’importanza (ricordata anche da altri) del trattamento da eseguire, sia delle forme primarie che secondarie, in TEAM affiatato e collaudato, ai fini del conseguimento dei migliori risultati. Boccardo (Genova) ha quindi messo in risalto le opportunità che oggi offre la chirurgia conservativa, sottolineandone gli effetti maggiori allorquando questa viene eseguita negli stadi clinici più iniziali, e sempre in combinata con i trattamenti fisici. Ricci (Ancona) ha quindi evidenziato come da un corretto protocollo terapeutico personalizzato possano derivare i migliori benefici per il paziente, soprattutto per quanto attiene alle forme più avanzate e suscettibili di complicanze linfangitiche ricorrenti. Corda (Pavia) ha mostrato come gestire i casi clinici più compromessi, ricordando che un trattamento fisico decongestivo, ben eseguito, può determinare, in alcuni casi, il salvataggio dell’arto che già era stato designato come assolutamente da amputare, dal punto di vista chirurgico. In nome del Presidente Forestiere ha quindi preso la parola la fisioterapista Cangiano (rappresentante dell’associazione in Campania) che ha puntualizzato le ripercussioni psicologiche, relazionali e sociali che presentano i pazienti affetti da queste patologie croniche; l’Associazione si sta adoperando, a tutti i livelli e presso tutte le sedi istituzionali, affinché, nonostante i tempi, i pazienti con linfedema vedano riconosciuti i loro diritti all’assistenza, sotto tutti i punti di vista. Marina Cestari (Terni) ha quindi enfatizzato l’importanza del monitoraggio clinico e strumentale per una patologia cronica che, se lasciata a se stessa, ha una naturale tendenza alla riacutizzazione clinica ed a complicanze e recidive. Failla (Roma) ha quindi sottolineato l’importanza delle terapie complementari (occupazionale, ultrasuoni, onde d’urto) nella gestione del problema. Mattassi ha poi ricordato come le patologie malformative linfatiche siano spesso associate a malformazioni venose coesistenti che rendono più complessa la gestione del singolo caso clinico. Cardone (Roma) ha successivamente posto l’accento sul Lipedema, patologia spesso confusa con il Linfedema, che se non opportunamente riconosciuta e trattata determina insuccessi terapeutici e frustrazione da parte delle pazienti che ne sono (spesso familiarmente) affette.

In un’altra sessione è stata quindi la volta dell’americano BB Lee che con la sua disamina delle malformazioni linfatiche tronculari ed extratronculari ha posto l’attenzione sul corretto approccio integrato fisico e chirurgico, ricordando che nelle linfangiodisplasie si sta studiando l’utilizzo di sostanze inibitrici dei fattori di crescita linfatici al fine di bloccare alcune tendenze costituzionali alla displasia. Gasbarro (Presidente del CIF, di Ferrara) ha quindi ricordato alcuni aspetti clinici differenziali della malattia che aiutano a gestirla nei vari stadi clinici ed in funzione della disabilità psicofisica indotta nei singoli casi. E’ seguita quindi la relazione di Onorato (Udine) sul Lipedema e sulla diagnosi differenziale dello stesso con le altre forme di edema. Una diagnosi differenziale ben condotta porta alla migliore gestione terapeutica. La collaboratrice della Professoressa Foldi, Kathrin Jung (Germania) ha quindi esposto i protocolli terapeutici eseguiti nei centri tedeschi di riabilitazione. Si è anche meravigliata (con molta onestà) di come molti casi, anche discreti dal punto di vista clinico, continuino ad essere inviati dall’Italia in Germania, senza un razionale comprensibile. Brorson (Svezia) ha quindi posto l’accento sull’opportunità dell’utilizzo della Liposuzione negli edemi ‘duri’ che non rispondono ulteriormente ai trattamenti fisici convenzionali. Il collega Bertelli ha quindi fornito delle indicazioni sulla opportunità di indirizzare, in casi selezionati, i pazienti al test genetico. Lo scrivente ha quindi fatto un ‘punto della situazione’ sullo stato dell’arte circa l’assistenza sanitaria del paziente con linfedema in Italia. Si è sottolineato come a fronte di uno scarsissimo interesse specifico sul problema nei decenni passati si sia passati al ‘troppo interesse’ attuale che porta anche a molta confusione sia dal punto di vista diagnostico che, conseguentemente, terapeutico. L’anomalia dei riconoscimenti assistenziali ‘a macchia di leopardo’ cui oggi si assiste sul territorio nazionale è auspicabile che si modifichi in tempi brevi esitando in un riconoscimento univoco da parte delle singole AA.SS.LL. distribuite sull’intero territorio nazionale. Nella terza giornata di Congresso ampio spazio è stato dedicato all’Attività Fisica Adattata in ambito Flebolinfologico. Ad una relazione del Prof. Ripani (Presidente IUSM) di interesse posturologico, ha fatto seguito un’ampia disamina del sottoscritto sulle problematiche riabilitative in ambito flebolinfologico (intrinseche ed estrinseche) e sulle possibilità di prevenzione primaria e secondaria e sulla conseguente terapia. Sono quindi seguiti gli interventi della dottoressa Cestari (Terni), che ha sottolineato l’importanza dell’approccio olistico al paziente con flebolinfedema, di Mander (Roma) che ha introdotto il concetto di Attività Fisica Adattata e della terapista Proietti che ha ricordato le difficoltà della gestione del paziente oncologico, supportata dalla fisioterapista Mariani (sempre di Roma) che ha sottolineato l’importanza della valutazione preliminare del paziente nei vari aspetti che coinvolgono l’intervento diagnostico-terapeutico. Molisso (Napoli) ha quindi esposto la sua teoria della suddivisione corporea in ‘comparti’ (per quanto riguarda gli arti il sopra e sottofasciale, per la cavità addominale lo spazio compreso tra il diaframma pelvico ed il diaframmatico, e quindi la cavità toracica); la riabilitazione venosa, tenendo conto di questi aspetti anatomofisiologici, deve intervenire per ristabilire l’equilibrio nei singoli comparti. Mosti (Lucca) ha quindi stigmatizzato la necessità dell’uso dell’indumento elastico con compressione decrescente nella gestione cronica degli edemi flebolinfatici e Coletti (Parigi) ha illustrato i risultati di alcuni suoi studi sugli effetti biochimici dell’esercizio fisico sulla capacità contrattile muscolare. Caggiati (Roma) ha quindi descritto le potenzialità e le opportunità offerte dai laureati in scienze motorie circa il contributo dell’attività fisica adattata nella gestione delle patologie flebolinfatiche. Santambrogio (Roma) ha poi introdotto i concetti di attività fisica in acqua ed i suoi benefici psicofisici nel paziente con flebolinfedema. Canali, laureato in scienze motorie di Roma, ha illustrato i benefici indotti dall’AFA in pazienti con flebolinfedema primario e secondario, sia in termini di riduzione del dolore, che di sopportazione allo sforzo che di miglioramento delle escursioni articolari. E’ poi stata la volta di Moretti (Roma) dell’associazione Nordik Walking Italiana che ha mostrato le esperienze positive dei gruppi di studio e di lavoro dedicati alle patologie flebolinfatiche. La conclusione è stata che dalla sinergia delle varie forze implicate nella gestione dei pazienti con Linfedema e flebedema primario e/o secondario derivano i migliori risultati clinici. All’auspicio di Caggiati che l’interazione ideale tra medici, fisioterapisti, infermieri e laureati in scienze motorie possa realizzarsi in maniera concreta nell’ottica della migliore assistenza clinica ha risposto lo scrivente che, nonostante le tante difficoltà burocratiche e normative, nella propria realtà ospedaliera è già riuscito, da più di un anno, ad inserire sinergicamente la figura del laureato in scienze motorie, a pieno titolo, nel contesto del TEAM riabilitativo con soddisfazione di tutte le parti in causa, pazienti in primis.

Quella del Congresso di Napoli ha costituito, con gli spazi dedicati dall’organizzazione, un’altra importante tappa del riconoscimento dei nostri sforzi a favore dei vari pazienti che seguono attivamente gli sviluppi delle dinamiche assistenziali nei loro confronti, ancora in fase di razionalizzazione.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

 

1 COMMENT

  1. salve,sono uno studente che sta scrivendo la tesi sulla riabilitazione per linfedema e flebdema,volevo chiedere se era possibile avere una relazione piu dettagliata del conveglio,oppure power point,

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