Da Avvenire del 11 Giugno 2011
DOMENICO MONTALTO
Malati, talora incurabili, spesso alle prese con un male che la scienza medica non sa decifrare, «orfani» di diagnosi e di farmaco, il più delle volte soli, isolati, incompresi, senza conforto.
Questa è la condizione in cui versano tanti di coloro che sono affetti da malattie cosiddette «rare». In Italia, un popolo di oltre 3 milioni di persone, rappresentato da 80 associazioni.
Un dato epidemiologico eclatante, che connota un oggettivo fenomeno sociale, oltre che sanitario. Un fenomeno che solo occasionalmente raggiunge l’onore delle cronache. Il termine «malattia rara» non significa affatto numericamente irrilevante. Infatti, se la classificazione di malattie rare indica quelle patologie di nicchia, che presentano un’incidenza di meno di 5 casi ogni 10mila abitanti, bisogna però tener conto del fatto che la lista di questi malanni «misteriosi» è interminabile: 5mil a, 7mil a, addirittura 8mila, a seconda delle fonti scientifiche.
Un problema e un rompicapo per i medici di base, generalmente impreparati a diagnosticare la varietà di sintomi diversissimi, per la farmacologia, per il sistema pubblico della salute, che attualmente riconosce e copre – in Italia – appena 500 di queste forme (1.500 nel resto Europa).
Le difficoltà diagnostiche, le specifiche esigenze cliniche ed assistenziali, l’assenza di una terapia (le case farmaceutiche sono riluttanti a investire risorse per studiare prodotti con un mercato dai numeri bassi), fanno sì che i costi per i malati stessi e per i loro congiunti, in termini umani e materiali, siano a volte online pharmacy no prescription drammatici. La gran parte di questa vastissima (e pressoché sconosciuta) famiglia di malattie è di origine genetica: sono cioè causate da un’anomalia insita nel genoma dell’individuo. E sono anche ereditarie, trasmettendosi alla prole da uno o da entrambi i genitori. Su questo fronte assume quindi rilievo sempre maggiore la ricerca genetica, mirata a identificare, con specifica diagnosi (basta un semplice prelievo del sangue), il cromosoma «difettoso» e le molecole che possano correggere tale difetto e – là dove non si trova una cura – possano trovare trattamenti appropriati per migliorare la qualità e la durata della vita del malato.